di: Laura La Spada

Siamo figli di genziana

Da Scuppoz, l'Abruzzo in un bicchiere

SIAMO FIGLI DI GENZIANA

scuppoz
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"Pochi sanno che la storia della genziana, così come la si consuma in Abruzzo, è fortemente legata alla tradizione pastorale. Questa pianta cresce proprio lì, dove uomini e greggi transitano da millenni e sono state proprio le pecore a scoprirla! Dopo aver mangiato, scavavano un pochino la terra per leccare la radice e i pastori, osservando il comportamento degli animali, hanno capito le proprietà digestive della pianta".

A parlare è Anna Iannetti, giovane abruzzese alla guida dell’azienda Scuppoz di Campli (Te) . La realtà è ben rinomata sia in Abruzzo che fuori dai confini regionali e prende radici -è proprio il caso di dirlo- da una storia di famiglia, di necessità e virtù.

"La nonna di mio marito - prosegue Anna - rimase vedova a trentott’anni con otto figli da sfamare. Ma non si perse d’animo: di notte andava a raccogliere funghi ed erbe che poi vendeva il giorno successivo. Il figlio, il papà di mio marito, ha mantenuto in memoria i gesti, gli odori, la capacità di riconoscere ciò che a un occhio attento sfugge. E così è nata l’azienda con il primo prodotto, un amaro a base di erbe"

Il nome Scuppoz viene dal termine con cui nelle osterie di una volta si chiamava il brindisi: un richiamo alla convivialità, alla gioia dello stare insieme.

Oggi l’azienda offre una gamma ampia e ricercata di prodotti, apprezzati da ristoranti e chef di massimo livello.

Ma soprattutto offre uno spaccato verace e autentico di quella tradizione che, se non viene preservata da qualcuno, si rischia di perdere per sempre. Fortuna che quel qualcuno è proprio Anna, caparbia e lungimirante, un vulcano di idee e di progetti. Che, quando si mette in testa qualcosa, è difficile che non la realizzi, con competenza e passione.

Così è stato per il suo desiderio di riportare la coltivazione di genziana in Abruzzo. Nella regione la raccolta ad alta quota della pianta è vietata poiché vincolata, tanto che, la maggior parte delle radici utilizzate per produrre l'amaro, è importata. Eppure è proprio ad alta quota che la genziana sviluppa le proprietà organolettiche migliori. E così Anna è riuscita nell’impresa di riportare la genziana sul territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, a quota 2.000 metri, dove ha impiantato la prima coltivazione di fiore autoctono della Laga, Majella e Gran Sasso, un fiore tutto abruzzese.

La coltivazione è partita da diversi anni grazie a una collaborazione con il Parco che ha consentito il recupero dei semi. Le piante ora sono già mature per la raccolta e lei, nel frattempo, è diventata Ambasciatrice del Parco nel mondo per l’importante lavoro di tutela della biodiversità e di ripristino di questo fiore autoctono: i semi di genziana, quando cadono mossi dal vento, si espandono anche per dieci chilometri, e così il Parco si ripopola delle sue piante tanto deturpate.

Se la raccolta illegale della genziana rovina piante e suolo, Anna  insegna a raccoglierla nel modo corretto, facendo sì che la pianta non muoia e che resti tutelato il territorio. Grazie al progetto “Adotta la tua pianta di genziana”, un contest online dedicato a chi voleva imparare l’arte del rispetto e della delicatezza per questo fiore viola, ha contattato tanti curiosi ed appassionati.

Sa cchiù lu patut che lu saput, sa più chi è passato direttamente attraverso le esperienze", dice Anna citando un detto locale.

"Aver piantato la genziana a partire dai semi, vederla crescere, salire a 2.000 metri per curarla e seguirla è stata un’impresa pazzesca. Ma ne è valsa la pena. E poi non sono sola, noi siamo un’azienda di famiglia in cui tutti si rimboccano le maniche!".

Oltre a vivere in prima persona queste esperienze però, Anna studia, si informa, raccoglie testimonianze da anni, dai pastori e dalle comunità locali, per ricostruire la storia della sua amata terra. Ci spiega che tutto ha un motivo, anche l’utilizzo del vino per l’infusione della radice. La genziana è diffusa in tutto il mondo, anzi è la base della liquoristica. La caratteristica tutta abruzzese è quella di infonderla nel vino, che storicamente è il trebbiano. La bevanda delle origini, anzi, era solo radice e vino, quella che loro hanno riproposto nella “genziana del primordio”. D’altronde l’alcol nei tempi antichi era anche ben costoso, ma per evitare che la genziana inacidisse, ne veniva aggiunta una piccola quantità. Per un risultato finale forte e gentile.

Tutto questo è narrato nella linea di genziane, che comprende sei prodotti diversi.

Poi c’è la ratafia, il liquore dell’ut rata fiat, una bevanda rossa come il sangue fatta con le amarene infuse nel montepulciano e che un tempo veniva usata al momento della contrattazione fra gli uomini.

La liquirizia nasce invece come rimedio a quando non c’era lo zucchero: è la radice più dolce di tutte e un tempo la si coglieva per risanarsi. E ancora il limoncello a filiera 100% abruzzese, “perché ogni casa di abruzzesi aveva una pianta di limone, di arancio e di mandarino”. 

E ancora il VerMood, i diversi gin, persino l’ultima arrivata in casa Scuppoz, la tonica, ha una sua storia da raccontare e un suo perché.

Insomma, è proprio il caso di dire “beviamo responsabile”: non solo delle quantità, ma del territorio e della storia millenaria che tramanda.