di: Laura La Spada

Il menù teramano di Pasqua

Dalla tradizione contadina ai piatti attuali, ecco cosa si mangia a Teramo la domenica di Pasqua

A Teramo il pranzo di Pasqua è una cosa seria. Prima di tutto, perché si inizia dalla colazione, in cui uova di cioccolato, colombe e dolciumi cedono il posto alla tradizionale pizza di Pasqua salata, un impasto rustico a base di formaggio che i teramani accompagnano a uova sode e, per chi gradisce, salsicce di carne e fegato.

Con lo stomaco così preparato ci accingiamo al pranzo: per raccontarvelo vogliamo partire dalle origini, da una tradizione antica di matrice contadina che oggi ci fa capire quanto abbiamo perso e cosa invece negli anni si è mantenuto.

Il menù della tradizione

Il pranzo di Pasqua teramano della tradizione era caratterizzato per prima cosa da un grande rispetto per le persone anziane della famiglia, a cui spettava la decisione su cosa si sarebbe preparato per il giorno di festa. 

Ottenuto il responso, si iniziava generalmente con un doppio brodo. Il primo era ottenuto da preziose parti di recupero, ossia le orecchie e i piedi di maiale, tenute da parte sotto sale dall’uccisione dell’animale avvenuta nei precedenti mesi invernali. Dissalati, lavati bene e portati in brodo con le spezie, se ne otteneva così una prima minestra. E quindi sul fondo di un recipiente di terracotta si adagiavano pezzi di pane raffermo abbrustoliti, passati nell’uovo e fritti intervallati a pecorino grattugiato. Questa base veniva irrorata di brodo caldo e si procedeva quindi a sporzionare: prima gli anziani, a seguire gli adulti e poi i più piccini.

Nella società contadina di alcuni decenni fa, quasi ogni famiglia aveva qualche animale in casa, tanto che il secondo brodo era usualmente di gallina e veniva condito solo con dell’indivia sbollentata, sminuzzata e ripassata con le uova sbattute. 

Seguivano poi le portate di carne, rispettivamente mazzarelle alla teramana, agnello al forno con le patate e agnello cacio e ova. E si chiudeva con la torta dolce di Pasqua, una spianata di pizza dolce infarcita di canditi.

Anche nelle famiglie più benestanti dell’area teramana la cuoca era generalmente di origini contadine, quindi le variazioni erano poche e perlopiù in eccesso. Un primo piatto seguiva le carni, la cosiddetta “massa tuttova”: una pasta fresca di farina e soli tuorli d’uovo tagliata alla chitarra o in forma di tagliatelle, condita con ragù di agnello rosso o bianco - anche qui a discrezione del capo famiglia.

Il menù dei giorni nostri

menù di Pasqua teramano

Il menù di Pasqua dei nostri giorni si è ridotto e in alcuni versi modificato, mantenendo vivi però alcuni capisaldi che caratterizzano ancora oggi la cucina teramana stessa.

Per esempio l’agnello cacio e ovo, che ritroviamo in alcune famiglie servito per antipasto, in porzione più modesta, insieme a giuncate o ricotte - che in questo periodo dell’anno  acquistano più arioma e carattere - e salumi o formaggi freschi.

Poi, immancabili, vengono le mazzarelle alla teramana.

A questo punto i primi, che della tradizione contadina mantengono il brodo di gallina ma lo arricchiscono di polpettine e formaggio grattugiato, e aggiungono invece il timballo alla teramana e la chitarrina con le “pallottine”, cioè piccole polpette di carne, due grandi classici della gastronomia teramana.

A seguire, si onora la tradizione con l’agnello al forno con contorno di patate, per chiudere in dolcezza con la pizza doce (dolce) teramana, torta multistrato delle feste abruzzesi.

Il menù è fatto: buona Pasqua da Teramo!