Fare la pasta fresca, fino alla fine degli anni ’50, nella cucina popolare abruzzese rappresentava la quotidianità.
La versione “secca” era considerata un lusso riservato alle occasioni speciali, come quella della “tresca” ovvero la trebbiatura: nelle attività sui campi si coinvolgevano amici e parenti, e insieme al lavoro erano condivisi pasti conviviali dove spesso veniva sfoggiata la pasta “confezionata”, così da palesare “la grascia”, l’abbondanza.

In provincia di Chieti, la pasta secca ha una lunga tradizione, e Fara San Marino, località sul versante orientale della Maiella, vanta un distretto di fama internazionale.

I pastifici attingono l’acqua delle vicine sorgenti del fiume Verde, l’aria è pura, il clima è asciutto e ventilato, il che favorisce un’essiccazione ottimale.
Il valore aggiunto poi è nella scelta delle semole, nelle trafile al bronzo, nella cura della lunga essiccazione, nell’esperienza.

Oggi la pasta fresca continua ad avere un ruolo importante nell’enogastronomia locale, rispetto al passato non rappresenta più la quotidianità, è la preparazione dei giorni di festa, solitamente riservata alla maestria di abili massaie.
Alcuni formati, come la classica e rassicurante “chitarra”, sono una collettiva e solida certezza condivisa con tutta la regione, altri una lontana reminiscenza, si pensi ai “frascarelli” o alle Corde di Chiochie, altri ancora sono relegati e circoscritti in determinati paesi o località, come le ‘Ndrocchie a Cupello.

Quanto ai formati “ripieni”, il più diffuso resta il classico raviolo di ricotta di pecora, presente anche nella versione dolce durante il Carnevale, una consuetudine quest’ultima che, tuttavia, appartiene più alla tradizione della provincia teramana che chietina.

Ma vediamo quali sono le “forme” che assume la pasta nella provincia di Chieti.

MACCHERONI ALLA CHITARRA

Maccheroni alla Chitarra
Maccheroni alla Chitarra

Tra i simboli indiscussi dell’Abruzzo enogastronomico, i maccheroni alla chitarra si preparano su tutto il suolo regionale.
Si tratta di uno spaghetto squadrato, ottenuto con un impasto di farina di grano duro e uova.
La denominazione “chitarra” deriva dall’arnese utilizzato per tagliare l’impasto: un telaio di legno rettangolare sul quale sono fissate delle corde metalliche che vibrando ricordano il suono caratteristico dello strumento musicale.
La “chitarra-maccarunare”, ideata per rendere più facile la vita delle massaie, fu inventata oltre un secolo fa dai “setacciari ”di San Martino sulla Marrucina, in provincia di Chieti, che costruirono il prototipo nel 1860, dopo l’introduzione in Italia del filo d’acciaio diffuso dai tedeschi.    
I condimenti prediletti dai maccheroni alla chitarra sono il sugo di castrato quello con le pallottine di carne (alla teramana), con il sugo misto alle tre carni, con pomodoro e basilico, con funghi e tartufo o ai frutti di mare sulla costa.   

‘NDROCCHIE


'Ndrocchie di Cupello

Pasta all’uovo fresca realizzata con l’ausilio di un ferretto per ottenere il tipico foro che la contraddistingue. È particolarmente diffusa a Cupello, paesino del vastese.
Le Ndrocchie sono realizzate con un impasto di semola di grano duro rimacinata, uova, olio evo, acqua tiepida e un pizzico di sale. La preparazione richiede una certa maestria per riuscire a tirare via dal ferro il maccherone perfettamente dritto e integro, di conseguenza è fondamentale la consistenza della pasta così che il ferro non rischi di attaccarsi e compromettere il risultato finale. Il procedimento è lungo, in quanto ogni singolo pezzetto di pasta è lavorato, inciso e forato con il ferretto.
Sono solitamente condite con un ragù di carni miste (manzo, agnello e maiale).
A Cupello, ogni anno, le ‘Ndrocchie vengono celebrate con una sagra in occasione della festa di San Rocco.

CORDE DI CHIOCHIE

Corde di Chiochie

Le Corde di Chiochie, diffuse soprattutto nell’entroterra, ricordano per aspetto la chitarra, ma sono decisamente più spesse. Sono realizzate con acqua, farina di grano duro e uova.
La sfoglia non deve essere molto sottile e va ripiegata a mo’ di sciarpa arrotolata, quindi tagliata con il coltello, così da ottenere una sezione più spessa e grande.
Questi maccheroni ricordano nella forma i lunghi crioli di cuoio che legavano intorno alle caviglie le calzature dei pastori: le “chiochie”. Nella valle del Sagittario, in provincia dell’Aquila, questa pasta è conosciuta come “stringhitelle” (da stringhe, lacci).
Il condimento ideale per le corde delle chiochie è il sugo d’agnello o quello alle tre carni (manzo o vitellone, agnello o castrato, e maiale). 

FRASCARELLI

Frascarelli
Frascarelli

Diffusi nell’area frentana, i frascarelli sono piccoli agglomerati di pasta realizzati con una scopetta di saggina, una bacinella di acqua e una fontana di farina.
Una sorta di “pasta grattata” ottenuta spruzzando l’acqua sulla farina, la cosiddetta “benedizione”, e setacciando la stessa. 
Un tempo era consuetudine preparare i frascarelli per le nutrici, in quanto si riteneva che favorissero la produzione di latte. 
In alcune zone della Val di Sangro, in particolare a Quadri, i frascarelli stanno ad indicare una sorta di polenta bianca accompagnata da fagioli e patate.
Tra i condimenti d’elezione dei frascarelli, il brodo di gallina o il ragù.

MACCHERONI ALLA MUGNAIA O MOLINARA

Mugnaia
Mugnaia

Tipica dell’area del basso Sangro, la mugnaia è preparata con un semplice impasto di acqua e farina, viene realizzata attraverso diverse manipolazioni, fino ad ottenere un lungo filo di pasta, avvolto in matassa e poi tagliato. Una volta cotta, la pasta viene condita con ragù di involtini di castrato o involtini di vitello (braciola) direttamente sulla "spianatora" (la tavola di legno). Un tempo, quando i mulini erano azionati ad acqua, il condimento prediletto era rappresentato dai pesci grassi e dai gamberi di fiume che restavano incastrati nelle derivazioni che muovevano la ruota: era il piatto forte dei mugnai.
A Paglieta, storico interprete della molinara è il mastro mugnaio Nicola Di Lallo, figlio di Antonino, mugnaio del posto.
Il basso Sangro condivide la tradizione della mugnaia con i "molinari" della Vallata dell’Alto Fino, in provincia di Teramo e di Pescara, zona un tempo popolata da numerosi mulini lungo il fiume Fino: oggi la mugnaia è diffusa soprattutto nell’area compresa tra Elice e Città Sant’Angelo.

‘NDRUCCIULUNE

'Ndrucciulune
'Ndrucciulune al sugo di castrato

Pasta fresca della tradizione pastorale-contadina, lavorata a mano, a base di semola di grano duro e farina di grano tenero, tagliata in spaghetti lunghi e spessi a sezione rettangolare. Per aspetto ricorda la pasta alla chitarra, ma nell’impasto non contempla le uova e i maccheroni si presentano più spessi e rustici. La sfoglia viene tagliata con la “chitarra”, il telaio di legno su cui sono tesi dei fili di acciaio.
È diffusa sul territorio che un tempo era attraversato dall’antico Tratturo Magno (L’Aquila-Foggia), compreso nel tratto tra Lanciano e Cupello.
Gli ‘Ndrucciulune si possono apprezzare conditi con un corposo sugo di carne di castrato o di pecora.   

SAGNE A PEZZE E LE SUE TANTE DECLINAZIONI

Sagne a pezze
Sagne a pezze

Le “sagne a pèzze” o “tacconelle”, diffuse in tutta la provincia di Chieti, sono contraddistinte dalla tipica forma a rombo, quadrata o simile e dal colorito avorio opaco.
Sul territorio sono presenti tante varianti relative soprattutto forma, dimensioni e condimento. Il comune denominatore resta un impasto realizzato con acqua, semola di grano duro e farina di grano tenero. Dopo aver ben lavorato e amalgamato l’impasto, lo si lascia riposare; quindi lo si tira col matterello. La sfoglia, ben asciutta e infarinata, viene tagliata a strisce di 3-4 cm di larghezza; queste, sovrapposte, vengono infine tagliate a forma di rombi con rapidi colpi di coltello.
Il condimento ideale è quello con sugo di pomodoro fresco, basilico, aglio e olio extravergine d’oliva, e a discrezione, una spolverata di pecorino grattugiato. Tuttavia non mancano le varianti locali e stagionali, come quelle con gli asparagi o con le fave fresche e guanciale, quella con i ceci oppure nell’alto Sangro le sagne con fagioli, che con l’aggiunta delle patate, sono chiamate “abbòtta pezzènte” (a sottolinearne l’alto valore nutrizionale), mentre nell’entroterra vastese il condimento preferito rimane il più rustico e corposo sugo di ventricina.
Tra le tante versioni, meritano una menzione quelle di Castiglione Messer Marino: le sagne hanno una forma più grande e c’è l’usanza delle “sagne a lu cuttor”, condite con salsicce di carne e di fegato, pancetta di maiale e peperoncino, consumate rigorosamente a mani nude direttamente nel calderone di rame.
Il formato più grande è in voga anche nel basso Sangro, dove le sagne “super size” in alcune case spopolano persino nel brodo.
A San Salvo, invece, si possono apprezzare le “sagnitelle”, dalla forma più stretta e leggermente allungata, preparata in occasione della festa patronale di San Vitale e condita con un generoso ragù di carni miste.
E poi ci sono le “tacconelle”, che richiamano prettamente la forma di un rombo, che nella versione più piccola e sulla Costa dei Trabocchi diventano “tacconcelli”.

RINTROCILO

Rintrocilo
Rintrocilo

Il nome di questa pasta deriva dal particolare matterello, utilizzato subito dopo aver steso la sfoglia, contraddistinto da profonde scanalature per tagliare la pasta. Spadroneggiava prima dell’avvento della “chitarra-maccarunare”.
L’impasto è realizzato con farina di grano duro, acqua e sale che viene lavorato fino a raggiungere una consistenza elastica. Quindi si stende la pasta e la si taglia con l’ausilio del mattarello scanalato. Il Rintrocilo ha origine nella tradizione contadina/pastorale ed è particolarmente diffuso nel territorio di Lanciano.
Nell’entroterra viene solitamente condito con sugo di carni miste, mentre sulla costa dei trabocchi con quello di pelosi.

CAVATELLI

Cavatelli
Cavatelli alla pescatrice

I cavatelli sono piccoli gnocchetti di semola di grano duro e acqua, preparati soprattutto a Vasto, dove generalmente si accompagnano con il sugo di rana pescatrice dell’Adriatico.
Oltre i confini dalla provincia di Chieti, li troviamo nell’area compresa tra l’Alto Sangro e la Valle Peligna, dove sono conosciuti come cazzarille e prediligono condimenti di verdure o più consistenti ragù di agnello o pecora. A Pettorano sul Gizio, invece, sono i mugnoli a impreziosire i cavatelli.

 

 

 

[Crediti | Foto di Sangro Aventino Turismo, Trigno Sinello Turismo, Carmelita Cianci - Video di Trigno Sinello Turismo]