di: Marcella Pace

Montori divino!

La storia di Camillo:Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo per identificare il vino regionale

Quando abbiamo iniziato nessuno conosceva e cercava il vino abruzzese. Piano piano, merito dei produttori, abbiamo iniziato un percorso di valorizzazione e fatto diventare il Montepulciano d’Abruzzo un prodotto d’eccellenza e oggi possiamo essere soddisfatti della scommessa che abbiamo fatto all’epoca”. Non cela il suo orgoglio Camillo Montori, uno dei padri del vino d’Abruzzo. Insieme a Dino Illuminati, Emidio Pepe, Piero Cornacchia, Antonio ed Elio Monti, hanno scritto la storia del vino abruzzese di qualità, prima ottenendo la Doc Controguerra e nel 2003 la Docg Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, la prima d’Abruzzo.  

 

LA STORIA

Casa Montori

Il cammino di Camillo Montori doveva essere tutt’altro. “Dovevo lavorare su altre cose e avevo studiato in maniera diversa -  racconta -  ma all’età di 20 anni ho dovuto occuparmi dell’azienda di famiglia. Ero giovanissimo, non avevo le competenze. Prima di arrivare ad occuparmi direttamente del vino e della cantina, ho iniziato un percorso nella cerealicoltura, nell’orticoltura e nella frutticoltura, che poi è stata quella che mi ha dato la possibilità di iniziare il lavoro nel vino. All’epoca c’era una piccola cantina che aveva creato mio padre subito dopo la guerra e io ho cercato di ampliarla. Oggi tutta la mia vita si impernia sul vino. Abbiamo 80 ettari di terreno, di cui 54 vitati ( 26 per il Montepulciano d’Abruzzo, 10 per il trebbiano e i restanti equamente distribuiti tra Pecorino, Passerina, Chardonnay, Sauvignon, Sangiovese, Merlot e Cabernet), e produciamo 20 mila ettolitri di vino”

 

OGGI

Bottaia Montori
Azienda Montori

A poca distanza dal mare,  sulle colline di Controguerra, l’azienda Montori è sinonimo di vini di eccellenza. Oggi portata avanti dalle figlie di Camillo, Beatrice e Laura, e dal genero Pierluigi Galiffa, in questa realtà vinicola si è sempre lavorato per qualificare la produzione. “Teniamo molto alle vigne e coltiviamo bene -  rivendica il vignaiolo -  perché per fare un buon vino rosso bisogna partire dalla terra, dai grappoli eccellenti e dall’uva matura perché il vino va manipolato il meno possibile in cantina”. Secondo Camillo Montori, il Montepulciano deve parlare del territorio e rendersi identificabile. “Il legno va usato con moderazione  - spiega -. Per me l’affinamento può avvenire in botti da 20-30 ettolitri, ma non in barrique. Il legno modifica il vino, e invece non bisogna stravolgere un vitigno o renderlo uguale ad un altro. Io sto lavorando molto sul Montepulciano d’Abruzzo, per farlo diventare più affascinante. Ha una potenza impressionante. A volte troppo e manca di eleganza. Bisogna mettergli un po’ di fard e di rossetto”, ironizza. 

Per un vino bianco invece il discorso è diverso. In questo caso, secondo il produttore, serve una cantina attrezzata. D’altro canto Montori di bianchi se ne intende. Oggi ottantatreenne, è stato uno dei primi a puntare molto sul Trebbiano d’Abruzzo. Il suo Fontecupa è un vino cercato e rinomato. “Ho lavorato molto sui bianchi e ho ottenuto ottimi risultati. Quando ero ragazzo andavo spesso in Friuli, dove c’è una grande tradizione nella produzione dei bianchi. Noi non potevamo competere con quel tipo di realtà. Oggi invece con il mio Trebbiano Fontecupa possiamo gareggiare. A Controguerra siamo vicini al mare, e con la cucina di mare si beveva moltissimo vino bianco, ma nessuno era abruzzese. Per me è stata una sfida fare un bianco da poter piazzare sul mercato”. 

 

 

Foto di Azienda Montori